lunedì 24 marzo 2014

Tutto questo piacere andrà sprecato

Si sveglia sempre prima dell’alba, come se la luce dilagasse nella sua mente prima che nel mondo. Non può perdere tempo, deve alzarsi. Analizzare i sogni, mettere a punto il suo progetto. E’ all’alba che nascono le idee, tante, troppe, le dice un affettuoso detrattore. E le idee, i sogni, sono maestri di piacere, ma spreco, spreco assoluto. Raccontano di nulla come quelli di Mercuzio. Ma nel suo ci mette la stessa ostinazione che aveva nei capricci di bambina. Tutto le si legge negli occhi, un piccolo sentiero che porta altrove, una vena di follia che determina la sua compulsione. Compulsione, appunto, ovvero la necessità irrefrenabile di compiere un atto la cui mancata realizzazione sarebbe angoscia. E lei sostiene, con allegra sicurezza, che per inseguire il proprio daimon, la compulsione è fondamentale. Ne è fornita lei stessa in quantità patologica. Dunque è pronta per la giornata. Il bosco delle rose l’aspetta. Il luogo della sua infanzia. La terra promessa da creare. Anche Mosè doveva essere mosso dalla stessa mania compulsiva, ma in fondo il suo compito era facile. Portare il popolo eletto nella terra promessa, che qualcuno però aveva già predisposto per loro. Ma lei no, dice ammiccando, lei deve crearla la terra promessa. Mosé deve obbedire a un ordine, lei invece deve creare un disordine, un giardino in movimento, una bella confusione, come le ha detto una piccola amica. E non le importa se, come il Patriarca della Bibbia, non vedrà la sua creatura, anzi ne è felice perché solo così la sua generosa follia è soddisfatta. Dunque, per tornare alla terra promessa, ecco le piante. Le siepi miste per il passaggio dei gruccioni e delle rondini dal volo elegante e la picchiata rapida verso il cibo. Ecco gli insetti. Le api alle quali il susino mirabolano offre il pascolo con la fioritura precoce. Poi si unirà nell’innesto per prugne e albicocche. E lo stagno, nato dai filtri del pozzo, già riconosciuto dai rospi nei nascondimenti e da vespe e libellule danzatrici a pelo d’acqua. E i prati naturali del biondo tarassaco o più tardi del rosso sfacciato dei papaveri. Proteggere la fertilità del terreno e favorire la con-fusione delle bio diversità di flora e fauna.         
Ogni giorno deve fermarsi vicino alla siepe ad arco delle rose. C’è la rosa antica, dal nome evangelico “purezza” figlia della storia. Mansuino, il primo ibridatore, l’ha creata dalla rosa banxia, portata in Europa da Banx, nientemeno che il consigliere botanico di Re Giorgio III di Inghilterra nei primi dell’800.
Ma nel giardino della terra promessa il nutrimento viene dal bello e dal buono. E dunque il frutteto è la sua creatura più desiderata perché oggetto di cure coerenti e sofisticate. Le albicocche, le susine, le giuggiole, le pere. E le amarene, le più preziose, perle scure e lucenti, profumate, pronte per la confettura indispensabile ai dolci della festa. E a casa sua, quando era bambina, i dolci non erano per la tavola familiare, ma per gli ospiti più attesi. La confettura, appunto, mantiene intatto il frutto che non è annientato dalla preparazione e conserva il marchio del terroir d’origine. E la coltivazione è rigorosamente biologica, solo così può trattenere l’innocenza della frutta rossa, sprigionare nel palato ricordi speziati di noce moscata, con retrogusto di cacao e di frutto gradevolmente asprigno.

Puoi spalmarla sul pane integrale o accostarla a formaggi a pasta dura o molle, ma riceve l’oscar per la migliore attrice non protagonista nei dolci con crema o ricotta, sul gelato e sul budino. La bellezza e il piacere si mescolano nell’armonia delle cose. C’erano le vigne lì vicino, una volta. Ci passavano a piedi o sul mulo, lei e le sue sorelle. E c’era anche un vignaiolo, con una buona dose di mania compulsiva anche lui. Aveva un sogno, lasciare la sua impronta in quei luoghi. Peppe si chiamava e voleva, con innesti opportuni o pratiche magiche, far nascere albicocche senza noccioli. Sorridevano scettici i vecchi, ma i bambini già pativano l’assenza dei loro piccoli tesori, i mucchietti di noccioli, compagni di giochi sulla pietra fresca dietro la casa. Metamorfosi, lei sogna, metamorfosi dell’uomo e delle cose, dinamica di cambiamento del giardino e del giardiniere. Questo l’affascina e l’ha conquistata dalla prima volta che ha letto Gilles Clement e la sua teoria del giardino in movimento. E voilà movimenti all’orizzonte. Si intravvedono da lontano, bianchi cavalieri, immobili, in attesa sul sentiero delle siepi di rose, forniti di lance ruotanti. Con le punte aguzze bussano al palazzo di Eolo e chiedono lo stesso dono offerto a Ulisse. Lo ottengono. Il vento, nuova energia per vivere, non nascosto nell’otre, ma libero nell’aria a pascolare le nuvole. E la terra promessa a madri, padri e bambini del futuro? “Non posso perdere tempo” ripete lei compulsiva, “il piacere mi chiama”.   

mercoledì 6 marzo 2013


La pergola va alleggerita

Alberic barbier, con la sua aspirazione a farsi grande come una cattedrale,  si deve ridimensionare, bisogna che accetti di stare alla pari con le altre.
E della Rose Marie Viaud solo pochi tralci salgono fino ai tronchi del tetto; lei invece lancia mazzi di rami lunghi e flessuosi, lucidi di foglioline scure in ogni direzione e senza remore, ché pare che qui tutto è consentito.
Le ginestre  vanno drasticamente abbassate per togliere loro ogni verticalità, o, meglio ancora, se avrò coraggio, e credo che ne avrò, le tirerò via di qui e le porterò nella scarpata.
Avevo messo alla base dei tronchi, all’interno della pergola, talee di citronelle che in pochi anni si son fatte come un bosco: passandoci dentro  si smuovono dolcezze di profumi e tenerezze di foglie,  ma che disordine! E che disturbo alla bella inquadratura della Masseria!
 Felicité e Perpetue,  Souvenir de la Malmaison var. Climbing invece, sanno quel che fanno: abbracciate strette ai tronchi della pergola salgono fino al tetto e, come chiedeva il progetto, danno il ritmo alla luce e all’ombra
Pierre de Ronsard e New Dawn non c’erano nel disegno originario; ma erano tanto piccole quando le ho piantate, e, pur conoscendone il portamento, mi illudevo che con opportune potature mi avrebbero ubbidito,  immaginavo  che sarebbero salite di poco e che presto sarebbero ricadute verso terra,  affacciandosi al bordo della strada, che è più in basso. E invece, al Bosco delle Rose le piante non sentono ragioni e si comportano a modo loro e quindi vanno su e chiudono a mezz’altezza il fianco della pergola. Ma non le toglierò! Anche se non erano previste nel disegno, danno fioriture elegantissime nei lunghi mesi in cui le aristocratiche rose antiche si riposano
A terra il progetto tiene bene: la vinca minor ricama la terra con fili sottili e ajuga reptans è l’impeccabile copri suolo che sapevo; le bergenie annodano  le aiuole e le orecchie di pecora morbide, le santoline e le salvie danno riposo allo sguardo.
L’elicriso no, l’elicriso è un altro che deve andar via, non perché non sia bello a guardarsi, ma perché profuma troppo e il suo profumo disturba, disturba le rose.
Oggi c’è sole, ma ha fatto freddo il mese di dicembre, ha anche piovuto molto, e c’è ancora tutto  l’inverno davanti; il primo di Gennaio è giorno perfetto per progettare nuovi inizi 

Cara Regina del bosco,
volevo lasciare un giudizio modesto sui prodotti del giardino che tu sorvegli e governi. Non so quale sia il luogo migliore per inviare questo piccolo pensiero, ma spero che arrivi almeno a te. Voglio che si sappia che le confetture all'amarena e alle albicocche che mi hai fatto gustare non sono solo un perfetto prodotto biologico. Sono molto di piu'. Sono un dono che arriva direttamente dagli dei. Se si cerca di immaginare quali effetti producesse sui sensi l'ambrosia, nei tempi favolosi in cui gli dei e gli uomini potevano incontrarsi, la via migliore sarebbe certamente l'esperienza delle confetture che tu prepari, con la cura offerta alle cose preziose. Non si tratta di ritrovare sapori antichi. Anche in questo caso quello che succede, quando si assaggia sia pure una sola goccia di questa inarrivabile sostanza, e' molto di piu' e di diverso. Si scoprono sapori ignoti, mai prima incontrati. Questi sapori hanno la robustezza solida dei frutti da cui derivano e, insieme, la fragranza del loro profumo: senza che nessun artificio intacchi o alteri la loro essenza. Io voglio solo sperare che molti, molti, molti altri vogliano godere di questa avventura del gusto. Sapranno finalmente che cosa vuol dire una fragranza che conserva in sè la solida forza maschile e la seducente dolcezza femminile: tenute insieme in un equilibrio perfetto. Grazie.

Matteo

mercoledì 27 febbraio 2013


La visita al Bosco delle rose, al momento solo virtuale ma arricchita dallincontro felice con i suoi frutti straordinari, mi riconduce ad alcuni cicli pittorici - che ho ammirato anche nelle chiese rupestri lucane - suggestivi nel racconto ampio e vivace, esperti nellorganizzazione dello spazio, espressivi nel linguaggio dipinto di  note naturalistiche, locali ed anche un po esotiche.
Il fruttetogiardino - così lo intuisco - non è semplicemente un territorio senza soluzione di continuità tra i due ambienti, ma esprime la loro sinergia in un orizzonte complesso in cui si respira larmonia della terra lavorata con sapienza, la bellezza del patrimonio ambientale e culturale curato e rispettato.
Questo il mio sguardo sul Bosco delle rose, con i suoi fiori, i suoi frutti di sapore intenso, le sue albicocche  ed amarene piene di vita e di potenzialità come la meravigliosa bambina che si scorge tra le loro piante.
Complimenti a Liliana Iacoviello,

Michela Costantino